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Ducumentu
Literatura siciliana - Pirandello

LUIGI PIRANDELLO

 

Romanziere, novelliere, poeta e drammaturgo italiano (Agrigento, 1867 - Roma, 1936).

 

Autore di più di duecento novelle, di quattro raccolte di poesie, di sette romanzi e di due saggi, Pirandello ha segnato soprattutto la storia del teatro. Nelle sue commedie, in cui il realismo si mescola al fantastico, ha esplorato in modo brillantemente ossessivo la problematica dei ruoli sociali, dell’identità personale minacciata dallo sguardo degli altri, del  riflesso reciproco del reale e del teatro, penetrando nelle zone indefinite  dell’ inconscio, dell’utopia e del mito.

 

Romanzi e teatro

Nel 1867, anno in cui  Ibsen pubblica Peer Gynt, nasce Luigi Pirandello, il 28 giugno ad Agrigento (allora Girgenti). Dopo studi di lettere a Palermo, Roma e Bonn, si stabilisce a Roma nel 1893. Scrive L’esclusa, romanzo realista sul destino di una donna, accusata ingiustamente d’adulterio, che non riconquista uno status sociale se non paradossalmente  compiendo  l’atto di cui la si accusa. La prima delle sue numerose raccolte di novelle (Amori senza amore) è pubblicata nel 1894. Nel 1898, Pirandello fonda Ariel, dove appare  la sua prima pièce in un atto, L'epilogo (che diventerà La morsa). Dopo La ragione degli altri, ritorna al romanzo: ne Il fu Mattia Pascal (1903), un uomo si fa passare per morto, tenta un’altra vita, e finisce per ritornare nella sua famiglia; ne I vecchi e i giovani (1909), descrive il disagio delle generazioni in Sicilia gli anni  dopo l’Unità. I  suoi primi due drammi  (La morsa e Lumìe di Sicilia) sono rappresentati nel 1910, quando ha già alle spalle una carriera letteraria di circa venti anni, e, dal 1903, la certezza della pazzia della moglie, Antonietta (internata nel 1919, morirà nel 1959). Nel 1911, adatta per il teatro la sua novella Il dovere del medico (scritta a Roma nel 1913).

Nel 1915, Pirandello pubblica Si gira (ristampato nel 1925 sotto il titolo Serafino Gubbio, operatore), romanzo sul mondo nuovo del cinema e sulla decomposizione del reale sotto l’occhio della macchina fotografica. È con la rappresentazione de La ragione degli altri, a Milano, che comincia realmente la sua carriera di drammaturgo. Nel 1916, adatta in dialetto siciliano la sua novella Pensaci Giacomino!

 

Il successo

Le opere si susseguono allora regolarmente e guadagnano un successo sempre più crescente: Sei personaggi in cerca d’autore, dopo il suo fallimento a Roma, trionfa  a Milano nel 1921. Dopo un primo viaggio, nel 1923, a Parigi ed a New York, il Teatro dell’ arte di Roma, di cui Pirandello è il direttore, presenta Sagra del signore della nave in Germania, in Gran Bretagna ed in Francia. Diana e la Tuda è data a Zurigo nel 1926. Molte pièce importanti, negli anni successivi, saranno così date all’estero prima di essere rappresentate in Italia: Lazzaro  a Huddersfield (1929), Questa sera si recita a soggetto a Königsberg (1930), Quando si è qualcuno a Buenos Aires (1933), La favola del figlio cambiato in Germania (1934), Non si sa come a Praga (1934). Nel 1934, Pirandello, che ha aderito pubblicamente, nel 1924, al partito fascista, riceve il premio Nobel della letteratura.

Molte opere di Pirandello, lui  vivo, sono state adattate per il cinema: Ma  non è una cosa seria (1920), Il fu Mattia  Pascal (1925), Enrico IV (1926); dalla novella In silenzio è tratto l’adattamento cinematografico della prima pellicola sonora prodotta in Italia. La MGM porta sullo schermo Come tu mi vuoi nel 1930, con Greta Garbo. Mentre si  gira  a Roma un adattamento di Pensaci Giacomino!, e mentre il drammaturgo  è intento a scrivere i dialoghi di un nuovo adattamento cinematografico  del Fu Mattia Pascal, colpito da una polmonite, muore il 10 dicembre 1936.

 

L’individuo spezzato

Il teatro di Pirandello dal 1910 al 1936 ha seguito un’evoluzione che va da Labiche a Sartre ed a Beckett, dal vaudeville alla nuova drammaturgia. All’inizio, riprende la commedia borghese, che piega alle proprie necessità, allontanandosi  sempre più  sia dai temi sia dalle convenzioni

drammaturgiche imposte da quel genere. Opera  tipica in tal senso Così è se vi pare dove a tale riguardo, un uomo e la suocera si contraddicono circa l’identità della moglie, ciascuno avanzando  la propria verità. L’opera  è ad un tempo sia  l’esplorazione di una  psicosi sia la negazione dell’intreccio tipico del dramma borghese.  Ne Il piacere dell’onestà, un marito di comodo, preso dalla logica del suo ruolo, impone il rigore morale ad una famiglia che intendeva soltanto salvare le  apparenze. Nel Giuoco delle parti e Tutto per bene, due mariti traditi passano dal ridicolo  di cornuti da vaudeville al tragico: il primo, che ha sfidato a duello l’uomo che ha insultato sua moglie, invita l’amante di questa a farsi uccidere, in nome della coerenza dei ruoli; il secondo apprende molto tempo dopo la morte di sua moglie che questa lo ha tradito col suo benefattore e che tutti lo hanno creduto consenziente.

L’individuo, che appare dunque minacciato nella sua intimità ed  integrità, di volta in  volta contrasta o  sfrutta le convenzioni sociali per mettere gli altri di fronte alla loro contraddizione, da un lato, e per preservare la propria coerenza, dall’altro.

 

 

Dalla fragilità alla follia

Le  prime pièce girano già attorno al problema della personalità, della sua coerenza, della sua continuità, della sua saldezza. Nella Ragione degli

altri, dove la moglie sterile si fa affidare  il figlio dell‘amante del marito per allevarlo come  fosse proprio, sembrerebbe presente solo la tematica del gioco e dello scambio di ruolo. Ma la questione dell’identità vi è già affrontata, come lo sarà ne L’innesto e ne L’altro figlio.

Altre due pièce trattano dell’individualità fragile. In Come prima, meglio di prima, un’adultera pentita è perdonata a condizione che si faccia passare per matrigna presso  sua figlia, che odia la nuova arrivata e che vive nel culto della madre  che le dicono essere morta. Ne La signora Morli uno e due, una donna precedentemente abbandonata e che si è rifatta una vita si trova presa ad un tratto tra un amante serio ed un marito instabile e donnaiolo.

In modo analogo, Vestire gli ignudi e Come tu mi vuoi mettono in scena donne che, nella menzogna e nella mitomania, tentano di fondare una vita autentica: si offrono all’amore di un uomo che  le offrirebbe verità e sincerità, ma  cedono all’interesse ed alla meschinità di una società chiusa su se stessa, e nella quale la verità è negata.

Enrico IV riprende e supera Tutto per bene: il protagonista, a seguito di un incidente cade in una follia dove è ristretto anche dai suoi parenti; avendo recuperato la ragione senza mostrarlo, riesce a vendicarsi, ma, per sfuggire alle conseguenze dei propri atti, non gli rimane che rifugiarsi definitivamente in una pazzia di cui non si saprà mai se è finzione o realtà.

 

Finzione scenica  e realtà

Il racconto del passato come ricostituzione magica, mitica, poetica, caratterizza i grandi drammi del “teatro nel teatro” come Sei personaggi in cerca d’autore. La realtà ed il gioco drammatico si incastrano  in Ciascuno a suo modo: il pubblico di un dramma  teatrale  vi riconosce un recente fatto di cronaca,  gli interessati ne informano gli attori, e l’evento si riproduce allora al terzo grado. In Questa sera si recita a soggetto  gli attori  cacciano via il loro regista, improvvisano un terzo atto secondo la logica dei caratteri e delle situazioni  così intensamente che, mimando la morte dell’eroina, l’attrice sviene  operando così un ritorno della  finzione alla vita.

Il gioco di specchi tra la realtà e  la finzione riappare ne L’uomo dal fiore alla bocca, dove lo sguardo di un uomo, condannato dalla malattia, scompone la realtà dei gesti in atomi d’eternità; ne L’amica delle mogli, in cui degli uomini impongono alla moglie il modello dell’amica perfetta che non si sposa; e  in Trovarsi, dove un’attrice finisce per non saper  più distinguere la finzione dalla vita, e, si sospetta, finanche  capace, quando si abbandona all'amore, di ripetere nella vita le proprie finzioni di scena.

 

I “miti”

Nel corso dei suoi ultimi anni, Pirandello abborda temi filosofici, che sviluppa nei “miti”, preannunciati nel 1925 dallo Sagra del signore della nave, dove una festa d’autunno diventa un’allegoria dei disordini della vita.

Mito sociale, La nuova colonia, tratteggia il tentativo di alcuni paria di fondare una nuova società, nella quale si oppongono gli idealisti, i realistici e gli sciocchi, e dove l’ultima parola tocca alla fertile femminilità, portatrice di vita, solo valore certo. In Lazzaro, mito della morte e della religione, un uomo tenta di imporre la fede ai suoi parenti. Mito dell’arte e del sogno, I giganti della montagna, un’opera incompiuta, mette in scena una banda di teneri sognatori con i quali un'attrice tenta di imporre ad un pubblico di rustici muratori la pièce di un autore morto di cui coltiva la memoria e l’amore.

I “miti”, al pari dei drammi che ad essi si riallacciano, come La favola del figlio cambiato, sono costruiti su opposizioni manichee: spontaneità contro calcolo, fede contro devozione formale, sogno ed evasione contro pragmatismo e meschinità, e, secondo una formula famosa che Pirandello stesso ha battezzato: “forma” contro “vita”.  In Diana e la Tuda, uno scultore si perde tra la modella e la statua che sta scolpendo; in Non si sa come, la rimozione di un momento di smarrimento dei sensi e  la costruzione nevrotica di un discorso di giustificazione della  propria innocenza, conduce l’eroe alla pazzia e alla morte.

Nell’individuo e nella società sono all’opera delle forze che l’uomo conosce appena e che non domina: finge di affrontarle nell’angoscia, nella malafede, nell’illusione, le quali  finiscono per schiacciarlo. Tale è il tragico della vita, ostinatamente  rappresentato nel teatro di Pirandello.

 

Il teatro nel teatro

L’opera di Pirandello, mettendo in gioco la problematica del funzionamento del teatro, è risolutamente critica verso quest’istituzione. Essa smonta implacabilmente i meccanismi che presiedono alla rappresentazione. In molti  drammi di Pirandello appaiono tutti i partecipanti di solito invisibili: l’autore, il regista ed i suoi assistenti, i macchinisti e gli spettatori. Pirandello ha dato diritto di cittadinanza a questi personaggi che appartengono sia all’infrastruttura, sia alla sovrastruttura economica dello spettacolo: ha mostrato tutto il teatro nel teatro.  L’autore, fisicamente assente ma onnipresente in Sei personaggi in cerca d’autore, ha una funzione più evidente  in Vestire gli ignudi il regista  appare in Questa sera si recita a soggetto.

 

L’attore dispiega in queste pièce “teatro nel teatro” tutti i registri della sua multiforme arte, che va innanzi tutto  dall’impossibilità di rappresentare e fare rivivere la vita (Sei personaggi in cerca d’autore) all’illusione pericolosa della finzione che tende a trasformarsi in vita (Questa sera si recita a soggetto).

Il pubblico, ridotto ad una proiezione grottesca e tardoromantica nei Giganti della montagna, è integrato come attore complementare in Ciascuno a suo modo. Esso a differenza che nel teatro di Brecht, non è chiamato da Pirandello a svolgere un ruolo specifico nel processo della comunicazione drammatica. L’immagine del pubblico è volontariamente tradizionale, addirittura   “reazionaria”: è un pubblico borghese che batte in ritirata  davanti al messaggio propostogli, sempre disposto a  interpretare la rappresentazione  in modo volgarmente  “realistico”. È un pubblico conformista, verso cui Pirandello cerca di segnare qualche vendetta.