Antoni Arca - Di notte
Attività altre
Antoni Arca
Di notte
Personaggi
Il medico ebreo
La Graziosa
Il Prete
La Cameriera
Il Padre
Il Venditore poi
Il Vescovo
Ombre
In una “Ciutat Reial” della Sardegna antecedente il 1492.
0. È una giornata luminosa, la piazza è piena di gente (ombre) che compra al mercato. Qualcuno reclamizza i prodotti urlando, altri scherzano e altri ancora litigano. Tutto è luci e voci che si confondono.
- Ombre, poi entrano Graziosa e Cameriera, poi Medico, poi Venditore.
Le Ombre scherzano, gridano e litigano. Dopo qualche istante entra Graziosa volando contenta in mezzo a stoffe e vestiti appesi; Cameriera la segue superba e spaventata allo stesso tempo.
Buio. Silenzio.
Da sinistra, mani e piedi incatenati, illuminato appena, entra Medico; cammina lentamente senza far niente, senza guardare. Le Ombre sono ferme. Medico esce da destra.
Ritorna la luce e la vita del mercato. Adesso, nel banco centrale non c’è più un’ombra, ma Venditore.
Cameriera: Ahi, figlia mia bella, non fare così. Fermati. Che cosa penserà la gente. La figlia del padrone che corre per strada come una capretta.
Graziosa (Ridendo): Come è bello questo vestito, me ne compro due, o tre.
Cameriera: Che cosa dici, figlia. Tu non puoi comportarti così. Dai retta a chi ti vuole bene.
Graziosa (Corre e ride): E poi compro questo, e questo, e quello rosso rosso, quello azzurro… Tutto comprerò, ogni cosa che si venda in questo mercato.
Cameriera: Ahi, figlia mia graziosa, piena di gioventù e di follia.
Graziosa: E questo vestito nero te lo regalo, perché sei la mia cameriera; l’unica mamma mia, che la mia madre vera non l’ho conosciuta mai.
Cameriera: Quella santa della tua mamma, buonanima, morta per salvarti. (Si fa il segno della croce e prega un attimo.)
Graziosa: Anche questa cuffia ti regalo. (Dal banco prende una cuffia e gliela mette in testa; ridendo:) Come è bella, la mia cameriera. (Esce.)
Venditore allunga la mano pretendendo i denari a Cameriera, che si toglie la cuffia dalla testa e gliela mette in mano.
Cameriera (Gridando): Figlia mia bella…
Silenzio e buio.
Centrale, dal fondo, incatenato, illuminato appena, entra Medico. Parla a se stesso.
Medico: Posso parlare in latino, in spagnolo, in catalano, in italiano, in sardo. Posso leggere perfino l’arabo, il greco e l’ebreo antico. Ma non sono né spagnolo, né catalano, né sardo, né niente. Non sono toscano, né moro, né greco, né africano. Non sono nemmeno un uomo.
Ho studiato nei libri più rari la medicina capace di guarire ogni male. Posso curare ogni malattia. Sono il medico più importante del regno di Castiglia e Aragona.
(Uscendo lentamente da sinistra:) Ma la mia vita non vale niente, perché non sono né spagnolo, né catalano, né toscano, né siciliano, né moro, né greco, né africano, né sardo… (Esce.)
Luce e vita nel mercato.
Cameriera: Figlia, figlia mia graziosa, dove sei? (Esce.)
- Venditore, Padre, Prete, poi entrano Graziosa e Cameriera, poi Medico.
Entrano, molto seri, Padre e Prete; la Gente, quando li hanno vicini, ammutolisce.
Padre: Per questa Pasqua voglio fare una festa che la mia figliola ricorderà per i prossimi cent’anni. Voglio riempire il palazzo di fiori d’ogni colore. Anche la gente dei paesi vicini deve poterla ammirare.
Prete: Anche l’anima, deve essere alimentata.
Padre: E di cibi ne voglio per un anno intero. Voglio tutto di ogni cosa: carne, pesce, frutta, dolci e vino bianco e nero, grosso e frizzante. Voglio la festa di Pasqua più importante di tutta la Sardegna, per la mia figliola bella.
Prete: È giusto, però, la santa Pasqua è una festa di penitenza…
Padre: Penitenza? La figlia mia l’ha già fatta prima di nascere. Adesso basta con la penitenza e il dolore, adesso che compie dodici anni, la bella mia figlia è grande e graziosa e voglio che l’ammirino tutti i giovani nobili e ricchi di Sardegna, di Barcellona e di Spagna. (Cammina, entusiasta, in mezzo alla roba appesa:) Le compro questo vestito bianco, e questo giallo, e questo azzurro come le onde del mare.
Prete (Andandogli dietro con affanno): Dobbiamo fare penitenza, penitenza per Nostro Signore morto sulla croce…
Padre: Penitenza, ne abbiamo già fatta troppa, io e mia moglie … morta per la figlia mia graziosa.
Prete: Penitenza, penitenza…
Entra Graziosa e corre contenta, va ad abbracciare suo Padre.
Graziosa: Padre, padre, voglio comprare un vestito d’oro…
Padre: Sì!
Prete: Penitenza.
Graziosa: Padre mio caro, anche un vestito di nubi del celo, mi voglio comprare.
Padre: Sì, figlia mia graziosa, sì.
Prete: Penitenza, penitenza.
Graziosa: Padre, fatevi baciare. (Gli dà un bacio:) E un vestito di onde del mare, me lo compro, padre, me lo compro?
Padre: Sì, sì, figlia mia, tutto ciò che vuoi, tutto ti compra tuo padre, figlia mia bella come un sole.
Prete: Penitenza, penitenza, penitenza, quando muore Dio.
Entra Cameriera affannata, ansima e non parla.
Graziosa: Diglielo anche tu, cameriera mia, quante cose belle vogliamo comprare.
Cameriera fa un cenno di diniego con le mani e si scusa di non poter parlare per l’affanno.
Graziosa: Lo vedi, anche la cameriera dice che mi piacciono solo le cose belle.
Cameriera: Ohi, Dio Dio Dio… Sto per sentirmi male, mi sento male… (Cade.)
Prete (Facendosi il segno della croce e dandosi colpi sul petto): Mea culpa, mea culpa…
Graziosa, vedendo la donna per terra, grida. Buio.
Camminando tra il pubblico, entra Medico; mentre sale sul palcoscenico inizia a parlare.
Medico: Ho studiato medicina a Cordoba, il volto illuminato dal sole africano che bacia la terra spagnola; Andalusia la chiamano i mori. E moro era il mio maestro. Ha tradotto i libri antichi della Persia e dell’India, e perfino quelli greci. Mi ha insegnato l’arte di curare le gambe e i piedi.
Il mio maestro rideva dei medici cristiani. Credono che basti una preghiera per salvare la persona. O peggio, che se ti duole la mano te la devi tagliare, si ti duole il piede te lo devi staccare e se ti duole l’occhio lo devi gettare.
Mani, occhi, braccia e piedi tagliati per curare la persona malata. Ma che persona è senza braccia, occhi, mani, piedi? Un cristiano… (Si ferma a guardare Cameriera, le mette una mano sotto la testa, le slaccia o primi bottoni della camicia, le allarga la cintola ed esce dalla linea centrale.)
Luce e suoni, Cameriera sta bene.
Graziosa: Ahi, la mamma mia bella, che cos’hai?
Padre: Lasciala stare, non soffocarla.
Prete: Questo è un cattivo presagio, dobbiamo fare penitenza.
Graziosa: Che cos’hai, che cos’hai?
Cameriera: Non è niente, l’affanno, il caldo…
Prete: Un segnale divino, è questo.
Padre: Ma che segnale, è l’età; da quanti anni sei al nostro servizio?
Cameriera: Ma che c’entra, questo discorso? No c’entra, l’età.
Graziosa: Allora, che cosa può essere, allora?
Cameriera: Dammi una mano ad alzarmi, figlia mia, che non è niente; sono cose da femmina.
Graziosa: Che cosa vuoi dire?
Padre (Ride): La figlia mia graziosa, sembra una femmina fatta ed è una bambina: a dodici anni non sa ancora niente delle cose delle donne.
Prete: Cose di femmina, cose del diavolo.
Cameriera si fa il segno della croce e lo fa fare anche a Graziosa.
Graziosa: Perché devo farlo?
Cameriera: Tu fallo, fallo e non chiedere.
Il grido di Venditore rompe l’attimo. Graziosa, ritorna ad essere entusiasta e corre a comprare.
Venditore: Pesce, pesce buono di Oristano. Pesce, pesce bello, pesce grande… Venite a comprare…
Graziosa: Padre, il pesce d’Oristano, il pesce d’Oristano, uno grandissimo ne voglio mangiare. (Esce di corsa.)
Cameriera: Non correre così, fermati, fermati. (Esce inseguendola.)
Padre: Bella, la figlia mia.
Prete: Se mi permette, io credo che non è bene che una ragazza faccia tutto ciò che vuole.
Padre: È una bambina!
Prete: E non credo sia giusto fare della santa Pasqua una festa pagana.
Padre: Ma che pagano e pagana, che a pagare ci penso io.
Prete: Voi scherzate con me, e questo non è male, perché io sono una persona umile e povera; però, io sono anche un rappresentante della Chiesa di Roma, e voi non dovete burlarvi della Chiesa, che una burla alla Chiesa è una burla a Dio… e burlarsi di Dio è bestemmia.
Padre: Io non bestemmio nessuno, e voglio soltanto che mia figlia sia contenta.
Prete: Contenta, certo, ma in grazia di Dio e della Chiesa.
Padre: Prete, io t’ho capito, tu vuoi qualcosa, è così? Dimmi ciò che vuoi.
Prete: Nulla, non voglio nulla, io per me.
Padre: Sicuro, per te niente, ma per sa Chiesa?
Prete: Tutto, per la Chiesa tutto.
Padre: E che cosa è, questo tutto?
Prete: …
Padre: Che cosa? Puoi parlare!
Prete: Una rappresentazione sacra.
Padre: Che cosa significa?
Prete: La morte e la resurrezione di Gesù Cristo Nostro Signore e il pianto della madre sua Santa Vergine.
Padre: E allora?
Prete: Non lo capite?
Padre: No, non capisco nulla.
Prete: La vostra graziosa figlia, voglio che faccia la parte della Nostra Signora…
Padre: Che cosa vuol dire?
Prete: Che deve recitare la parte della madre di Dio in Chiesa quando discenderanno Gesù dalla croce.
Padre: Mia figlia la madre di Dio?
Prete: La Santa Vergine.
Padre: E non è troppo difficile, per mia figlia?
Prete: Non, non è difficile.
Padre: Va bene, è cosa fatta.
Prete: No!
Padre: No? Che cosa significa il tuo no?
Prete: …
Padre: Parla, prete!
Prete: Che lei non potrà più essere come le altre ragazze, se vorrà essere la Nostra Signora.
Padre: E perché, non è bella, mia figlia?
Prete: Sì, è molto bella …
Padre: Allora?
Prete: La Madonna era bella e seria.
Padre: E non è seria la mia bella figlia?
Prete: No.
Padre: …?
Prete: Una figlia seria non va di corsa per il mercato, non desidera comprare ogni cosa, non ride sempre!
Padre: Ma è una bambina?
Prete: Anche la Madonna era una bambina, quando partorì Dio.
Padre: …
Entra Graziosa di corsa e investe Prete, si ferma e ride. Affannata entra Cameriera. Prete ha un’espressione truce.
Cameriera: Fermati, mi farai morire.
Padre: Tu devi essere più seria, figlia mia.
Graziosa (Ridendo): Sì.
Padre: Tu devi essere, veramente, più seria.
Graziosa (Ridendo): Come desiderate, padre mio.
Padre (Grida): Seria!
Buio.
- Medico, Venditore-Vescovo e ombre.
La scena è la stessa, ma non c’è gente, la luce è funeraria, i banchi del mercato sono tombe e la roba appesa mette tristezza. Lentamente, dietro i teli appesi, compaiono le ombre. Medico, nascosto dietro i teli, si mostra un attimo prima che le luci si affievoliscano, e cammina fino al secondo telo, si nasconde e poi esce e si nasconde ancora.
Alla prima uscita le ombre sono di gente che emette suoni di giuste affermazioni, alla seconda sono di gente contenta e festosa, alla terza sono di gente dubbiosa, alla quarta sono di gente arrabbiata.
Alla fine Medico si mette al centro della scena e aspetta. Poi, un rumore forte di porte di ferro che si aprono e, spinto da una canna, un piatto nero li arriva vicino. Medico lo guarda, lo prende e mangia senza voglia, come se fosse obbligato da una forza esterna. Mangia e sputa. Parla, mangia e sputa.
Medico: Non c’è niente al mondo come il cibo preparato da mia madre. Niente altro. Era lei a prepararmi i dolci più buoni, il pane più bianco, la carne più sana.
Non posso mangiarla questa pena cucinata da mano cristiana.
Per la nostra Pasqua, mio padre portava l’agnello al tempio, e il rabbino lo sacrificava nel cortile col coltello sacro, offrendo a Dio il sangue innocente.
E questi cristiani cattivi vogliono alimentarmi con cibi impuri, per sacrificare me, come agnello offerto al loro Dio.
Che cosa ho fatto, che cosa ho fatto, io, per morire così?
Entra una persona, è Venditore; va al suo banco, ne prende la roba rossa appesa, se la mette sulle spalle, guarda sotto il banco e prende la mitria vescovile, se la calza sulla testa: è Vescovo. Cerca nella tasca e ne estrae una lettera. Mentre l’altro legge, Medico continua a mangiare e sputare.
Vescovo (Legge): «Vostra Eccellenza, sono convinto che la Vostra presenza in casa di questa famiglia, possa risolvere ogni controversia.
Nel caso Voi crediate che io esageri, voglio ricordare la fama di cui gode questo mago che soltanto l’innocenza della brava gente può considerare un medico.
Dicono che, quando era a Palermo, abbia guarito il figlio di un marchese dalla cancrena alla gamba destra. Quel giovane era caduto da cavallo, e tutti i medici bravi cristiani erano d’accordo per amputargli la gamba un palmo sopra il ginocchio. Perfino il rettore della Cattedrale di Palermo gli aveva benedetto la gamba malata. E la madre del giovane, innocente e cattiva allo stesso tempo, che non voleva vedere suo figlio storpio, lo mandò a chiamare, questo mago figlio degli assassini di Gesù. Lui guardò il malato, gli mise una mano sulla gamba, ha pronunciato le sette parole del demonio e il giovane s’è messo a saltare. Sano nella persona e pero nell’anima. Che vita può essere, la sua, se dovrà morire nel peccato mortale?
Sono certo che se Voi parlerete al padre di Graziosa, quello si convincerà e caccerà dalla sua casa quel mago ebreo.
Non lasci che la giovane che ha prestato il proprio volto alla Madonna viva nel peccato mortale…» (Piega la carta e va verso il fondo.)
Medico si rimette in piedi ed esce camminando tra il pubblico. Vescovo esce dal fondo. Con o senza la presenza di ombre, si sentono voci di gente ammirata.
- Prete, Cameriera, poi entra Padre, poi Graziosa.
In ogni stoffa appesa si nota l’ombra d’una croce: sottili, grosse, grandi, piccole.
Affannato e contento entra Prete, vestito di bianco, seguito da Cameriera che veste una corazza, un elmo e una lancia da soldato romano. Lui dà ordini e lei si muove ubbidiente e scodinzolando contenta come un cane.
Prete: Mettiti lì… No, qui.
Cameriera: Qui?
Prete: Sì… no. Mettiti dritta.
Cameriera: Così?
Prete: Più dritta, più militare!
Cameriera: Va bene così?
Prete: Devi essere maschile, sei il soldato che prende la veste rossa de Gesù, non lo capisci?
Cameriera: Va bene, ma come mi devo mettere?
Prete: Ferma, dritta e rigida.
Cameriera: Come la roccia di sale. (Si ferma immobile.)
Prete: Ecco! Così ti voglio. Adesso sei un soldato romano. (Entusiasta della posizione della donna, cerca di salire sul banco, ma la tonaca lo trattiene:) Non ce la faccio…
Cameriera (Sempre rigida): Sollevati la veste sopra il ginocchio…
Prete: Zitta, femmina cattiva. (Ma, senza sollevare la veste, sul banco non può salire:) Non ce la faccio…
Cameriera: ma cos’è, ti vergogni di farmi vedere gli stinchi?
Prete: Femmina maledetta, vieni ad aiutarmi, corri!
Cameriera: E la posizione del soldato romano? Se mi muovo, non la ricordo più.
Prete: Ma vieni, stupida!
Cameriera va ad aiutare Prete. È impacciata dalla lancia che non vuole mettere per terra; mette una mano sotto il sedere dell’uomo e lo fa salire sul banco.
Prete: Che cosa fai qui? Corri tuo posto, soldato romano!
Cameriera si rimette rigida e Prete, esaltato, inizia la propria orazione.
Prete: Oggi non siamo qui per una festa, non siamo qui per cantare, non siamo qui per ballare. Oggi siamo qui per piangere. Oggi siamo qui per la disperazione della morte del buon figlio di Dio. Ma chi l’ha ucciso?…
Cameriera: Chi l’ha ucciso?
Prete: Zitta, cretina!
Cameriera: Chi l’ha ucciso il figlio di Dio?
Prete: ma che cosa ne so, stai zitta e lasciami creare.
Cameriera: Che cosa?
Prete: Basta, zittisciti! (Ispirato:) Chi l’ha ucciso? Io, tu, noi tutti l’abbiamo ucciso. Con le nostre cattive azioni, con la nostra insana voglia di cambiare ogni cosa, il desiderio del possesso di cose diverse, la mancanza di rispetto per la tradizione. Non si possono gettare via, le consuetudini…
Da sinistra entra Padre con una scala di legno, non ce la fa a portarla da solo.
Padre: Allora, mi lasciate così?
Prete no riesce a muoversi dal banco, e Cameriera è immobile come una statua.
Padre: Ebbene, che cosa vogliamo fare? Io non riesco più ad andare né avanti né dietro!
Prete: Muoviti, donna!
Cameriera: Sono un soldato, non posso muovermi.
Padre: Maledizione, e io cosa faccio con questa scala?
Prete: Sbrigati, vai ad aiutarlo!
Cameriera va ad aiutarlo, ma, come prima, non vuole lasciare la lancia; l’azione è pericolosa e comica insieme, e dura finché, dal pubblico, illuminata da una luce di luna, entra Graziosa vestita da Madonna. Tutti ammutoliscono sorpresi. Quando la giovane è al centro della scena, Cameriera lascia cadere la lancia per terra e, a quel suono, l’azione ritorna nella normalità.
Graziosa: Dove debbo mettermi, Prete?
Prete: Accanto alla croce.
Graziosa: Non la vedo.
Prete: Mettiti al centro, che adesso arriverà.
Padre: Forza, donna, tieni forte la scala e andiamo. Al tre: uno, duo e tre!
Cameriera: Dove la mettiamo?
Prete: Qui.
Padre: Dai!
Posta la scala, la donna ridiviene il soldato romano, la giovane è la Madonna e Prete è l’oratore; Padre, però, non sa che cosa fare, e, accanto alla scala, aspetta, ed anche gli altri aspettano, finché è chiaro a tutti chi è l’anziano ad avere dimenticato la cosa più importante.
Padre: È vero, la croce! (Esce e ritorna con una stoffa bianca avvolta in un rotolo:) E adesso?
Graziosa: Salite sulla scala, padre!
Padre: Giusto. (sale su e guarda Prete in attesa del segnale.)
Prete: Oggi la gente cattiva ha compiuto il peccato più grave, ha ucciso l’uomo che non era uomo, ha versato il sangue che non era sangue, ha gettato il corpo che non era corpo. Io vi dico che oggi la gente cattiva ha ucciso il figlio del Padre Divino, il figlio di Dio… (Si ferma e osserva Padre che non capisce.)
Padre: Che cosa c’è?
Cameriera (Piano): La croce!
Padre: È vero.
Lentamente l’uomo incomincia a svolgere la stoffa bianca. Prete continua a parlare e, alla fine, la stoffa sembra un dipinto di Burri, con due tagli che disegnano una croce. Intanto che si comincia a capire che cosa rappresenti, Graziosa s’intimorisce sempre di più, tutti crederanno che sia l’effetto del ruolo che interpreta, ma lei sta male davvero.
Prete: Guardatelo il figlio di Dio, guardatelo soffrire per i nostri peccati. Guardate il dolore, la sofferenza, la penitenza che patisce per la nostra malvagità. Penitenza, penitenza dobbiamo fare…
Guardate, guardate il pianto della mamma di Dio, guardate la sua disperazione.
Il sangue di suo figlio viene versato per i nostri peccati, e insieme ai peccati scompare anche la sua vita terrena…
Le luci si abbassano, una lucetta illumina soltanto il viso di Graziosa seduta per terra al piede della croce “Burri”. Goccia a goccia, con un rumore amplificato, ne scivola sangue rosso. Graziosa prende il piatto di Medico e raccoglie il sangue, lo guarda e lo beve.
Buio.
Padre (Grida): Figlia!
- Medico e Vescovo.
Della scena precedente, è rimasta soltanto la scala, dritta al centro, ma con le catene di Medico che penzolano dai pioli. Vescovo, cammina nervoso e interroga.
Vescovo: M’hanno detto che voi siete in grado di guarire ogni male.
Medico: Soltanto le malattie, eccellenza.
Vescovo: Le malattie, certo: i dolori di pancia, i dolori di testa…
Medico: Come ogni medico.
Vescovo: Le ossa rotte, la cancrena…
Medico: Qualche volta la sorte m’aiuta.
Vescovo: Qualche volta, non sempre?
Medico: La medicina è una scienza, e la scienza può arrivare fin dove è già stata sperimentata.
Vescovo: Che cosa vuoi dire?
Medico: Che un medico, anche quando fosse il più bravo del mondo, può curare soltanto le malattie che conosce, quelle che ha studiato: per le altre, non può fare nulla.
Vescovo: Quindi, voi riconoscete che potete sbagliare una cura, che potete aggravare una malattia invece de guarire una persona?
Medico: No, eccellenza, non ho detto questo.
Vescovo: Che cosa, allora?
Medico: Che posso curare ogni malato, sempre che vi siano le condizioni per poterlo fare.
Vescovo: Non capisco.
Medico: Che non posso guarire la gente contro la propria volontà… o contro la volontà della famiglia.
Vescovo: Da quanto conoscevate la giovane cristiana?
Medico: Non sapevo niente di lei, fino al momento della malattia.
Vescovo: Perché avete voluto curarla?
Medico: Perché sono un medico!
Vescovo: Un medico ebreo, mentre lei era una malata cristiana.
Medico: Era malata, questo era importante.
Vescovo: Perché vi presentaste in casa sua?
Medico: Mi chiamò il padre di lei.
Vescovo: Perché voi dicevate in giro che le cure dei medici cristiani non le avrebbero guarito la figlia!
Medico: Non è vero! Non è vero, eccellenza. Non c’era nessun medico, in città, capace di curarla, e la mia fama di bravo dottore era arrivata anche alla sua casa…
Vescovo: La fama di bravo dottore, la fama di mago, questa è la verità.
Medico: No, eccellenza, ho studiato medicina a Cordoba, a Siviglia, a Palermo, nei libri più antichi e con i professori più sapienti; la conoscenza de l’arte mia è totalmente sperimentata.
Vescovo: Ma tu sei ebreo.
Medico: Prima di tutto sono un medico.
Vescovo: Ed hai voluto curare una cristiana.
Medico: Una persona malata.
Vescovo: Perché l’hai fatto?
Medico: Me lo chiese suo padre.
Vescovo: Tu sei un mago ebreo!
Medico: No, sono un medico, ed ebrei erano mio padre e mia madre.
Vescovo: Rinneghi la tua religione?
Medico: … (Si siede alla base della scala e si mette le catene.)
Vescovo lo guarda e, quando finisce di legarsi, esce.
- Medico, Cameriera e Prete, poi entrano Padre e Graziosa, poi Vescovo.
Entrano Cameriera e Prete, Medico non li guarda.
Prete: Come sta? Bene? La parte della Madonna, la sta studiando?
Cameriera: Povera, la figlia mia, ancora malata.
Prete: Quando si alzerà dal letto? Domani, oggi?
Cameriera: Poverina, la graziosa mia. Non so niente, io, il medico non dice niente.
Prete: Che cos’ha?
Cameriera: Una malattia rara che da grande sofferenza.
Prete: Sono contento, ci sta troppo bene questa cosa.
Cameriera: Come dici?
Prete: Non lo capisci; se Graziosa arriva alla sacra rappresentazione con il suo volto di donna bella e sana, nessuno la vedrà come la mamma di Gesù; invece, bella e malata: è il vivo volto della sofferenza… Graziosa sarà una mamma di Nostro Signore vergine e bianca.
Cameriera: E si non guarisce, se non si alzare in tempo dal letto?
Prete: Non è possibile, oggi stesso ti mando una persona che cura ogni male con una speciale farina prodotta da lei stessa, non ti preoccupare.
Padre (Grida): Donna!
Cameriera: Il padrone…
Padre: Vieni ad aiutarmi.
Entrano Padre e Graziosa, lei non può camminare e l’uomo l’abbraccia forte; Cameriera corre ad aiutarlo e insieme la portano in mezzo alla scena. La sdraiano per terra con il capo poggiato sul seno di Cameriera. Prete la guarda estasiato, Padre cammina nervoso e pieno di disperazione.
Prete: Bella, la mamma di Nostro Signore. Pulchérrima mater Divina.
Padre: Che cosa posso fare, che cosa debbo fare?
Cameriera (Canta):
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia,
non istat soni soni,
sa figlia mia, dromi.
Chi ti cheria manna,
per contentare a mama.
Non mi dias lamenta,
a ti che bíere manna,
per esser mama contenta.
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia,
non istat soni soni,
sa figlia mia, dromi.
Vanno avanti così: Padre sempre più nervoso, Graziosa senza sensi, Cameriera che la ninna e Prete che la guarda estasiato; non si capisce più che cosa dicano e le voci si fondono con il coro di un canto a tenore. Quando è il turno del canto della “boghe”, invece di un canto, parla Medico.
Medico: Le hanno colato sul petto il sangue caldo di un gallo, per curarla…
Le hanno sussurrato alle orecchie le dodici parole di Mosè, per guarirla…
L’hanno distesa nel cerchio sacro tracciato dallo sterco del somaro ceco, per salvarla…
Le hanno dato da bere acqua e polvere di marmo della cattedrale, per farle scendere la febbre…
Le hanno messo pietre infuocate intorno al cuore, per farla vivere ancora…
Sanguisughe sul ventre, le hanno messo, ed hanno chiamato me, per terminare di ucciderla…
Smette di parlare e smette il coro a tenore. Un grido e Cameriera canta un “atitu”.
Cameriera:
Pesat, sa mia isposa,
s’istella luminosa,
de totu sa più bella,
pesat sa mia isposa.
luminosa istella.
Una rosa mi mancat,
dae sa mia mata,
sa più isplendorosa,
dae sa mata mia
mi mancat una rosa.
Oe, sa die de Pasqua,
in tristura mi lassas,
in su coro siccura.
Oe, sa die de Pasqua,
mi lassas in tristura.
Cameriera continua a cantare, ma è un suono di sottofondo. Prete prepara l’incenso e quando è pronto lo sparge. Padre, autoritario e sgarbato, si rivolge a Medico.
Padre: Quanto vuoi per la vita di mia figlia, ebreo?
Medico: Ma che cosa le hanno fatto, sangue di gallo nel petto?
Padre: Quanto vuoi, ebreo maledetto, una sacca di denari?
Medico: Che cosa le hanno fatto, le hanno recitato le dodici parole di Mosè?
Padre: Ti posso dare un palazzo, se salvi mia figlia; dimmi ciò che vuoi, ebreo.
Medico: Che cosa le hanno fatto, l’hanno distesa nella merda del somaro accecato?
Padre (Diventando accondiscendente): I libri più rari, i vestiti più belli, i cavalli verdi ti darò, ebreo mio caro, se salvi mia figlia.
Medico: Che cosa le hanno fatto, le hanno fatto bere acqua e polvere di marmo di chiesa?
Padre: Quanto vuoi, dimmi quanto vuoi, ebreo!
Medico: Che cosa le hanno fatto, le hanno bruciato il cuore con pietre infuocate?
Padre: La vita mia ti posso dare, ebreo caro…
Medico: Che cosa le hanno fatto, le hanno messo sanguisughe sul ventre?
Padre: Salva mia figlia, uomo buono.
Medico: Né sanguisughe, né pietre infuocate, né polvere di marmo, né merda di somaro, né parole sacre, né sangue di gallo la possono salvare tua figlia.
Padre: Che cosa vuoi, uomo santo?
Prete: …
Si abbassano le luci.
Illuminato appena entra Vescovo, Prete gli va incontro e gli bacia l’anello, gli altri rimangono fermi.
Prete: Eccellenza, la nostra città è in peccato mortale.
Vescovo: Tutta la città?
Prete: Tutta, Eccellenza, si non ci mettiamo rimedio.
Vescovo: Dimmi ogni cosa.
Prete: Eccellenza, Graziosa… Graziosa…
Vescovo: Parla, che cosa ha fatto, Graziosa?
Prete: È morta!
Vescovo: Che peccato, era così giovane e tanto bella.
Prete: Graziosa, che fu la Madonna nella sacra rappresentazione, è morta in peccato mortale.
Vescovo: Non riesco a crederlo!
Prete: Un mago ebreo l’ha uccisa.
Vescovo: Che cosa?
Prete: Era sana e bella, la bambina, e questo ebreo maledetto le ha fatto una malia e l’ha stregata. Il padre di Graziosa, e tutta la sua famiglia, hanno scacciato i buoni medici cristiani e l’hanno posta nelle mani di questo ebreo…
Vescovo: E dunque?
Prete: Graziosa è morta tra mille patimenti, in peccato mortale, con suo padre, la sua famiglia, e tutta intera la nostra città… perché Graziosa fu la Madonna nella sacra rappresentazione.
Vescovo: Che cosa dobbiamo fare, Prete?
Prete ricomincia a spargere incenso.
Vescovo: Che cosa facciamo, Prete?
Prete: …
Vescovo: Prete!
Prete: …
Lentamente Vescovo si toglie gli abiti, li appende e ridiventa Venditore come nella prima scena.
Buio.
- Tutti.
A parte la scala di legno, adesso la scena è la stessa del principio, un giorno di mercato pieno d’“ombre”. Sono tutti presenti, e ognuno è solo con se stesso: le ombre ridono, comprano e vendono; Padre maledice la sorte che gli ha ucciso la figlia; Prete pensa alla rappresentazione pasquale; Cameriera veste a festa il cadavere di Graziosa; Vescovo-Venditore vende; e Medico prega per la sua vita.
Venditore: Pesce, pesce buono pesce bello, dal mare alla montagna…
Padre: Tutti dovranno pagare, tutti dovranno morire…
Prete: Guardate il Dio che è morto per mano d’uomo…
Cameriera (Canta):
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia…
Graziosa e Medico si alzano insieme. Lui si appoggia alla scala di legno con le braccia in croce a guardare il pubblico; lei si mette in piedi e Cameriera l’aiuta a spogliarsi (resta con una veste bianca) e poi a vestirsi con gli indumenti più ricchi che sono esposti al mercato.
Venditore: Pesce, pesce buono pesce bello, dal mare alla montagna…
Padre: Tutti dovranno pagare, tutti dovranno morire…
Prete: Guardate il Dio che è morto per mano d’uomo…
Cameriera (Canta):
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia…
Medico: M’hanno detto che domani mi giustizieranno. Povero me. Voglia Dio che questa morte serva come paga dei miei peccati. Prego il Dio d’Israele che una persona buona legga questa lettera e la porti alla mia famiglia. Io sono Mosé Remós, povero me!
Venditore: Pesce, pesce buono pesce bello, dal mare alla montagna…
Padre: Tutti dovranno pagare, tutti dovranno morire…
Prete: Guardate il Dio che è morto per mano d’uomo…
Cameriera (Canta):
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia…
Medico:
“Cras manzanu as a morrer”, m’ant nadu.
“t’ant a bocchire peus che ainu”.
Ite at fare, a sa notítzia, mama mia?
Comente at a passare sa betzesa, padre meu?
Ma Sátana è contentu, chi l’ant pagadu,
con s’ánima mia chena pecadu.
Sos amigos mios chi l’ischin totu:
male perunu, mai, eo apo fatu,
sos cristianos apo curadu,
e questo solu è su pecadu.
Sa vida non la torrat, a chi est mortu,
nen su medico nen su magu, e tenet tortu
chi si pensat chi s’ánima puru est morta;
non li torrant s’ánima, átera vorta,
nen a cane, nen a cristianu, nen a s’ebreu
Mosé Remós, ca si morrer est feu,
più feu ancora l’est renegare Dio.
Sos amigos mios chi l’ischin totu:
male perunu, mai, eo apo fatu,
sos cristianos apo curadu,
e questo solu è su pecadu.
M’ant a bochire cras, ca so malu,
comente medico-ebreu, narant issos,
m’ant a justitziare a manzanu chitto,
ca sa religione mia non frastimo galu.
Venditore: Pesce, pesce buono pesce bello, dal mare alla montagna…
Padre: Tutti dovranno pagare, tutti dovranno morire…
Prete: Guardate il Dio che è morto per mano d’uomo…
Cameriera (Canta):
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia…
Si abbassano le luci. Sono illuminati soltanto Graziosa e Medico, che si lascia andare sulla scala come fosse una croce.
Padre e Prete prendono la scala con l’ebreo in croce, se la mettono in spalla ed escono in mezzo al pubblico seguiti da una processione d’ombre. Una luce d’oro illumina Graziosa firma in mezzo alla scena.
Medico:
Sos amigos mios chi l’ischint totu:
male perunu, mai, eo apo fatu,
sos cristianos apo curadu,
e questo solu è su pecadu.
Cameriera (Canta):
A ninnia a ninnia,
dromi, sa figlia mia…
Padre: Tutti dovranno pagare, tutti dovranno morire…
Prete: Guardate il Dio che è morto per mano d’uomo…
Venditore: Pesce, pesce buono pesce bello, dal mare alla montagna… Pesce, pesce buono pesce bello, dal mare alla montagnaaaaaaa…