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Puesia
oscuro, anni trentasette, stato
civile disalberato, residenza
antica nella distanza da sé stesso,
a roma d’altronde, con talento
per ascoltare sirene e fare notte
sui loro capelli, occhi puliti, cauto
come elefante che fugge dal circo,
inventore di fantasmi, un passato
che va verso l’oblio e ancora fa male,
amante delle nubi e degli alberi,
professione che non ama e non importa,
capelli che s’ingrigiscono, mani nude,
usa una stilografica indolente
per raccontarsi storie, fischia da solo,
medita mappe, balla contro la paura,
insensato insegue
la frontiera di due occhi gemelli
nella cui profondità lasciarsi indietro,
abbandonare la sua pelle morta
ed entrare nel paesaggio dove un uomo
scolpisce la sua parola oltre la sete,
e non si appartiene
e la sua passione somiglia alla vita,
e non prova vergogna.