La casa degli avi
Puesia
Forse la casa
è poco più grande di quanto
a malapena
era possibile a una dozzina
di servi dell'ultimo Capotribù
circoscrivere con le loro braccia annodate.
Tirata su di certo
con fango calce e pietra di nuraghe e di fiume
dentro un ventoso cortile
con il pozzo fra l'ulivo e il ginepro
dove s'essicca l'aglio
sotto il fico il basilico con qualche
ciuffo di prezzemolo e zafferano
qua e là malva cipolle e rosmarino
e in un angolo forse segreto
fra l'elleboro sparso fino al limitare
certo anche l'alloro
a ombreggiare la fronte
nei silenzi estivi
quando dita impulsive
infatuate d'inno alla vita
assecondano labbra
che scandiscono versi irti di sillabe
e tutt'intorno rovo e biancospino
come estremo confine del mondo
a ridosso di monti indolenziti
da vertigini sul mare.
Cercare la casa degli avi
con la chiave di volta in basalto
fiorita sopra il portale
e le reliquie dei Penati
sepolti dalla polvere di tarlo
dentro la nicchia del sottoscala
in radica di noce.
Cercare sotto la cenere
il cuore di pietra del focolare
io
spora d'ansia in cerca di terra per fiorire.