ARCHIVIO DEI DIARI

Un Natale di tanti anni fa

 

Ero particolarmente felice quella sera. Avevo appena scoperto il dono che la Vecchia  Natala, la Befana, mi avrebbe portato per il Natale ormai imminente. E avevo capito pure che a donarmelo sarebbero stati, in realtà, i miei genitori. Doveva essere una sorpresa, ma io avevo già intuito qualcosa e, sentendo mamma e papà parlare di un cappotto rosso, ne avevo avuto la conferma. Finsi di non capire e di non sapere e custodii quel segreto, tenendolo tutto per me, senza condividerlo neppure con mio fratello. Ma solo per poco. Quando mamma ci mise a letto e ci diede il bacio della buona notte, aspettai che lei uscisse dalla stanza e confidai a Pinuccio quello che avevo scoperto: “Per me il cappottino rosso – gli dissi- per te il caschetto blu”. E per dimostrargli che stavo dicendo la verità, lo tirai per la mano invitandolo a spiare dalla fessura della porta socchiusa. Mamma era di spalle, sotto la lampada, e faceva volteggiare fra le mani il mio cappottino rosso. Cucendo, aspettava il rientro di papà che, come tutte le sere, si era recato alla camera del lavoro. Pinuccio insaccò la testa nelle spalle e sorrise, portandosi l’indice sulle labbra: “Ssst…sst”. Tornammo a letto con una gioia in più nel cuore. Ci addormentammo. Io ero nel lettone e lui nel lettino che papà gli aveva costruito quando era nato.

Dormivo e già sognavo quando spari improvvisi mi fecero trasalire: mi ritrovai seduta in mezzo al letto nella stanza buia e, prima ancora che potessi invocare la mamma, le sue grida strazianti mi ferirono le orecchie. Lei aveva riconosciuto nei lamenti provenienti dalla strada la voce di papà e gli chiedeva: “Cola, Cola, chi ti ficiru?”.

“Mimì mi spararu”.

Ero impietrita e confusa. Come era strana quella voce: a me non pareva quella del mio papà, non poteva essere la sua voce. Mi alzai e mi accostai allo spiraglio che qualche ora prima mi era stato complice nella scoperta più importante dei miei quattro anni di vita. Vidi la mamma tendere le braccia, protesa dal balconcino a petto quasi a voler raggiungere a volo papà, mentre continuava a gridare con la voce strozzata. Era la notte del 21 dicembre del 1946, e fu notte per sempre. 

La vita di una bambina cambia per sempre alla vigilia di un Natale di 71 anni fa. Il padre Nicolò Azoti, sindacalista ucciso dalla mafia, rivive nella memoria che Antonina consegna nel 2003 all’Archivio dei diari per l’edizione del Premio Pieve 2004, da lei vinta con questo testo dal titolo Ad alta voce (Terre di mezzo Editore).