Mariposa, la farfalla meccanica
Arcubalenu
In un tempo tanto vicino da sfiorarci le spalle, quando i sentieri portavano alle cime che toccano il cielo e le farfalle parlavano agli uomini; aldilà dei boschi, dopo i binari della ferrovia, poco dietro le sponde del lago, sull’altopiano delle terre di confine, prima della grandi torri metalliche, viveva una farfalla con il corpo di fanciulla, il suo nome era Mariposa.
Però in quella terra, a quel tempo, si era smesso di sognare, i sogni erano stati rubati da un ricco signore che imponeva la sua legge.
In breve tempo era diventato ricchissimo, comprando tutto e tutti: si era fatto una montagna di soldi, con i quali aveva acquistato altre stalle, case, palazzi, terreni e perfino le coscienze di molti uomini. Lui aveva il potere di dare disgrazia e di togliere felicità. In città, tutti lo temevano.
Un giorno, mentre era a caccia con alcuni amici, arrivato alla vecchia cava abbandonata di Gerra Perdosa, il ricco signore aveva visto un qualcosa volare lontano. Immediatamente aveva portato il fucile alla spalla, presa bene la mira, quando un ragazzo:
- No si fermi, quella è Mariposa!
- Ehi tu garzone! Avvicinati, vieni, vieni... Come ti chiami?
- Rocco
- Rocco! Accidenti a te! Perché mi hai distratto, è tutta colpa tua, brutto stupido! Sei finito! Io ti rovino! L'avevo nel mirino, sarebbe stata la preda più incredibile che uomo avesse mai preso e tu me l'hai fatta scappare. Vattene via, prima che mi venga voglia di spararti addosso, vattene via!
- Ma quella era Mariposa, la ragazza con le ali di farfalla. Non vi è niente di simile sulla terra, perché ucciderla?
- Non vi è niente?... E tu?! Tu?! Brutto stupido, fai attenzione, se entro una settimana non mi porti quella farfalla, non solo rovino te, ma anche i tuoi genitori, i tuoi fratelli, i tuoi parenti, i tuoi amici... Siete tutti rovinati! Resterete tutti senza lavoro e senza casa!
Allora Rocco, senza attendere un secondo, si mise sulle tracce di Mariposa. Doveva ritrovarla ad ogni costo, doveva catturarla.
E cammina, cammina... era arrivato ad un laghetto. L'acqua era fresca e scintillante, il desiderio di un bagno superò ogni cosa, in un baleno si svestì e tciuff... un bel tuffo. Stava nuotando tutto felice, quando si sentì chiamare:
- Ehi, di lin bin sintin sintin...
In riva al laghetto, con i piedi nell'acqua stava una farfalla, col corpo di ragazza e un bellissimo sorriso sulle labbra, era Mariposa.
Intanto il tempo passava. Erano già passati quindici giorni da quando il padrone l'aveva cacciato e lui non gli aveva ancora portato la farfalla. Come aveva potuto? Come aveva potuto scordare le minacce del padrone?
Così, appena scese la notte, la catturò nel sonno: prese la corda che teneva nella sacca le legò i polsi, le caviglie e le ali; le ficcò un fazzoletto in bocca e non volendo neppure vederle il viso glielo coprì. Quindi se la caricò in spalla e via verso la città. Quasi per scusarsi strada facendo, le parlò di tutto: delle minacce fatte dal padrone, della disperazione che regnava nella sua famiglia... Si vergognava, quanto si vergognava.
Dopo una lunga marcia, giunse insieme alla sua prigioniera davanti alla casa del padrone.
- Ce ne hai messo di tempo ero convinto che non ce l’avresti mai fatta, bravo, bravo... gran bella farfalla.
- Mariposa!
Appena vide le mani del ricco signore stringere il corpo della farfalla. Rocco ebbe una reazione improvvisa, scattò in avanti e lo afferrò per un braccio, ma fu un istante...
- Vattene via, brutto stupido!
E slamm, il cancello di ferro si richiuse proprio in faccia al ragazzo.
In città nei giorni seguenti, non si parlava d’altro che della farfalla: di quanto era graziosa, delicata...
Nel frattempo il padre, i fratelli, i parenti e tutti i gli amici di Rocco erano tornati al lavoro. Tutti, tranne lui.
Lui fu convocato dal ricco signore circa un paio di mesi dopo.
Un servo lo fece accomodare nell'ingresso:
- Rocco!
- Sì...
- Rocco - continuò il padrone - spero tu abbia capito chi comanda e come ci si debba comportare con il sottoscritto. Va bene, puoi riprendere il lavoro al mio servizio. Però, per prima cosa, devi andare a seppellire questo sacco.
Detto questo, gli si era messo a fianco e aveva aperto un sacco proprio sotto i suoi occhi.
- No! No! Perché? Perché?...
- Perché?... Perché ha tentato di scappare, di volare via. Voleva ribellarsi a me, hai capito, a me! Allora io gliele ho strappate.
Rocco incredulo, guardava le bellissime ali della farfalla buttate dentro il sacco.
Sì, ora aveva riacquistato il posto di lavoro ma a quale prezzo? Mariposa non poteva che odiarlo. Era tutta colpa sua, tutta e solo colpa sua!
Alla fine del mese di maggio, dell'anno successivo, Rocco venne di nuovo convocato dal padrone, ma appena se lo trovò dinanzi e vide che teneva un altro sacco fra le mani, si sentì mancare: le gambe cominciarono a tremare, il viso si sbiancò e gli occhi...
Il padrone non smetteva di ridere, il suo viso era tutto paonazzo.
- Il cuore?... - ripeté esterrefatto Rocco.
- Sì il suo cuore. Sai, lei non voleva mai fare quello che gli ordinavo, si ribellava, non ubbidiva ai miei comandi, aveva sempre qualcosa da ridire e così le ho tolto il cuore e al suo posto le ho messo una bella valvola d'acciaio. E sai ora cosa farò di lei, della mia schiava? Ogni domenica mattina la farò esibire dinanzi alla mia villa e la gente per poterla vedere dovrà pagare. Vedrai che spettacolo, vedrai quanti soldi, soldi, soldi...
Rocco non sapeva cosa fare. Era disperato, aveva sempre dinanzi agli occhi il viso triste e malinconico di Mariposa, avrebbe voluto riportare indietro il tempo, non aver fatto quello che aveva fatto, ma oramai non si poteva più far nulla.
Per tutta la settimana, decine di operai lavorarono a preparare la piazza per la grande esibizione. Era stato montato un grande tendone da circo e i biglietti, seppur carissimi, erano andati a ruba.
Quel primo giorno il tendone era stracolmo: c'erano bambini, anziani, impiegati, casalinghe, minatori, abitanti di altre città e soprattutto in mezzo alla folla ci stava, trepidante di emozione, Rocco.
Poi... Papapapam... il grande momento: uno squillo di tromba ed ecco comparire il ricco signore e dietro di lui, una grossa gabbia tutta ricoperta di pelli di bufalo. Gli spettatori tutti in piedi applaudivano. Rullo di tamburo:
- Signore e signori ecco a voi, ciò che l’uomo ha sempre sognato di possedere. Oggi vedrete in questa piazza la più grande attrazione del mondo: basta un comando e appare e con un cenno torna subito a cuccia. Ecco a voi Mariposa, la farfalla meccanica senza più ali né cuore.
Rocco appena scorse la farfalla, sentì tutto il suo essere trasalire: un'emozione mai provata prima, lo stava squassando completamente. Era felice e triste nello stesso tempo: felice di rivederla e triste nel vederla così imprigionata.
- PRUSSA!
E la danza ebbe inizio: Mariposa con movimenti meccanici saltellava ridicola come una cavalletta che ha smarrito la strada. Con salti da formica, lasciando le corde lanciate dall’alto, rotolava, ruzzolava facendo sbellicare dalle risate la gente intorno a lei.
Le risate e gli applausi non avrebbero avuto fine, se il ricco signore non avesse, con un comando secco, rimandato la farfalla in gabbia.
- PRUSSA!
Mariposa si fece piccola, chinò la testa e si trascinò lentamente nella sua prigione. Silenzio... ma il silenzio durò un niente, la gente si rialzò e ridendo e scherzando se ne tornò divertita alle proprie case.
Alla decima domenica di rappresentazione, Rocco finalmente riuscì ad avere un posto davanti a tutti.
Mariposa appena uscita dalla gabbia, come ogni volta, gettò i suoi occhi a cercare, ma quel giorno, il suo sguardo incrociò quello di Rocco e lui vide come per incanto, accendersi nel petto della farfalla una piccola luce.
Poi il terribile comando:
- PRUSSA!
Mariposa non si mosse. I suoi occhi erano fissi in quelli di Rocco.
- PRUSSA!
Ma lei niente: ferma, immobile.
Allora, il braccio del ricco signore, con un bastone serrato nel pugno si levò in alto.
Ma proprio in quell’istante Rocco con un balzo da tigre, si avventò contro di lui: lo afferrò al collo e iniziò a stringere sempre più forte, mentre con le ginocchia gli schiacciava il ventre e con i denti cercava di staccargli il naso, però ad un certo punto un dolore acutissimo gli esplose in testa: uno, due, tre, quattro colpi si erano abbattuti sul suo capo... e si sentì mancare.
Quando, dopo parecchio tempo, riaprì gli occhi, si trovava disteso in un letto, tutto fasciato, tutto acciaccato e attorno gli stavano i visi preoccupati dei fratelli, delle sorelle, del babbo e della mamma. Erano stati loro a salvarlo dal linciaggio.
- Non sai quanto siamo orgogliosi di te - gli disse il padre accarezzandogli la testa fasciata.
- Orgogliosi di me? Ma voi sapete bene, che Mariposa è schiava unicamente per causa mia.
- Lo sappiamo, sappiamo tutto.
Quella notte padre, figli e madre parlarono a lungo e si dissero in una volta tutto ciò che non si erano mai detti in tutta la vita.
La domenica successiva come tutte le domeniche, la famiglia di Rocco, insieme ad un numerosissimo pubblico era presente davanti al tendone.
- Signore e signori sono spiacente di comunicarvi che l'esibizione di Mariposa, la farfalla meccanica senza più ali né cuore, questa mattina non avrà luogo. Perciò potete far ritorno alle vostre case, l'appuntamento resta fissato per domenica prossima.
A quel punto la gente cominciò a urlare. Allora per evitare incidenti, le transenne furono tolte e il pubblico fu fatto accomodare nel grande tendone.
Dopo alcuni minuti, comparve il ricco signore tirando dietro di sé la gabbia:
- Signore e signori, seppure Mariposa non si senta molto bene a causa di un incidente accadutole, abbiamo deciso che l'esibizione avrà luogo lo stesso.
Scoppiò un forte applauso, che lui placò con un cenno della mano:
- Signore e signori ecco a voi ciò che avete sempre sognato di possedere: Mariposa, la farfalla meccanica senza più ali né cuore.
- PRUSSA!
Rullo di tamburo e il cancelletto della gabbia venne aperto...
Il pubblico ammutolì di colpo.
Mariposa era lì, al centro della pista. Le braccia, le gambe e il viso erano coperti da lividi, tagli, graffi... La gente fu toccata da una pietà infinita che rapidamente si tradusse in rabbia.
Il padre di Rocco, in quel silenzio di ghiaccio, si alzò in piedi e rivolto al ricco signore:
- Sei stato tu! Tu l'hai ridotta in quello stato!
L'urlo del padre aveva scosso tutti, e come una molla, un gruppo di amici di Rocco si levò in piedi, scese giù nella pista, prese il ricco signore lo sollevò a gambe all'aria e lo ficcò in quella che era stata la prigione della farfalla. Poi la gabbia venne spinta giù da un dirupo, fino a scomparire in un luogo a cui nessuno aveva mai dato un nome.
Mentre accadeva tutto questo, Mariposa si era sentita afferrare la mano, un grande spavento l'aveva percorsa tutta, ma appena aveva visto il viso del bambino che gliela stringeva, la paura era cessata e allora... via a correre, a fuggire assieme al fratello più piccolo di Rocco.
Mariposa ora era libera ma non felice. Anche se serena in lei dimorava una profonda tristezza. Dal giorno in cui le erano state strappate le ali le parole non avevano più voluto uscire di bocca. Non era altro che una farfalla meccanica, non avrebbe più potuto volare, accarezzare i fiori, sfiorare le nuvole... poteva solo zampettare, nulla più... e poi il cuore... il cuore che le batteva nel petto, non era altro che un freddo pezzo di metallo.
Per fortuna, questa profonda amarezza che la stava per distruggere, le durò giusto fino al giorno dopo. Fino a quando Rocco, le portò due sacchi con dentro...
Indovinate cosa?
Sì... proprio quello.
Così con le sue ali e il suo cuore, Mariposa era tornata ad essere quella di un tempo.
Che gioia rivedere di nuovo la farfalla volare nell’aria.