U TEATRU DI L’AMICU NARDU

A tre anni dalla morte, avvenuta improvvisamente il 24 febbraio 2014, la Compagnia Teatro Sassari rende omaggio a Leonardo Sole rappresentando due suoi lavori: “In ginocchio” e ” Il grido dell’erba”.
Con Leonardo se ne va uno degli intellettuali più creativi della Sardegna. La sua drammaturgia è profonda e ricca di analisi strutturali che generano forti emozioni di matrice intellettuale permeate d’ironia.
“In ginocchio” è ambientato in un paese limitrofo a Sassari di atavica tristezza. Un nido di poiane in cui donne e uomini intristiscono per l’uniformità del lento cadenzare di un vissuto claustrofobico. Una comunità dominata dalla morte e dal peccato, in cui un prete demiurgo stabilisce i confini tra il bene ed il male, somministrando penitenze d’indicibile crudeltà, senza nessuna via di scampo, negando a tutti l’assoluzione. Un paese in cui aleggia lo spettro della morte, dove, secondo il codice sinistro del luogo, il peccato più grave è quello di essere vivi. Tutto ciò è descritto con una matrice visionaria, una sorta di realismo magico. La storia si sviluppa nell’arco di vent’anni ed ha i connotati di un giallo antropologico in cui un commissario prossimo alla pensione, ritorna, apparentemente per rivisitare e rivivere i luoghi del suo passato, in realtà perchè legato all’ossessione di non aver risolto un omicidio avvenuto tanti anni prima, le cui indagini si erano concluse con un nulla di fatto. Al suo arrivo incontra un sacerdote, a cui lo lega una certa amicizia e al quale confida la sua ossessione, cioè quella di non aver risolto il caso. Durante il suo soggiorno ripercorre attraverso il filo della memoria gli interrogatori a cui aveva sottoposto gli abitanti del luogo cercando di ricordare quegli indizi, quelle risposte, spesso reticenti, che gli possano permettere d’individuare il colpevole, o i colpevoli. Alla fine, grazie a un fatto drammatico che accade durante il suo ultimo soggiorno, riuscirà a scoprire l’assassino che, come nei gialli più riusciti, è il meno sospettato e sospettabile.
“Il grido dell’erba” rappresentato per la prima volta a Portotorres il 13 e 14 novembre 1993 con la regia di Giampiero Cubeddu.
E’ un monologo in cui emerge, per così dire, una sorta di naturalismo antropologico di una vicenda narrata sotto forma di dialogo, come se la donna dovesse rispondere a magistrati immaginari per un omicidio non commesso. Il racconto si fa apprezzare per il ritmo delle parole ricco di forme linguistiche mutuate dal sardo, che rendono melodico l’eloquio e che ricordano il linguaggio di Gadda nella ricerca di assonanze e di ritmi che acuiscono la drammaticità del racconto. Al centro della vicenda una donna che vive in una squallida solitudine dopo la morte del marito. Un latitante le piomba in casa, la possiede con violenza ferina, eppure lei, con una pietas umana fuori dal comune, ne giustifica l’atto perché suscita in lei il ricordo di una tenerezza perduta, un sussulto di vita che le fanno intravedere la possibilità di mettere in ordine la sua vita, riaccendendo una tenerezza e una felicità che sembravano irrimediabilmente perdute.