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Talianu

LINGUA E SUCETA: L’insegnamento del corso e la formazione dei docenti

1. Qualche punto di riferimento storico ed istituzionale.

1.1. Il corso : una lingua romanza in Europa.
1.2. La legge DEIXONNE del 1951 (1974 per il corso).
1.3. La legge HABY del 1975.
1.4. La circolare SAVARY del 1982.
1.5. Le competenze regionali : l’articolo 53 dello statuto particolare della Corsica.

2. Organizzazione dell’insegnamento.

2.1. Scuola materna ed elementare.
* possibilità di 3 ore a settimana (sottomesse alla volontà del maestro)
* i siti d’immersione linguistica.
* i siti bilingui (4 nel 96 ; 7 nel 97, 11 nel 98).

2.2. scuole medie e superiori.
* 3 ore settimanali, facoltative, dalla 6ème alla Terminale.
* 3 ore settimanali obbligatorie (seconda lingua fin dalla 4ème, terza lingua fin dalla 2e).
* Le scuole mediterranee.
* I percorsi romanzi.

2.3. L’università.
* Il cursus « Studi corsi »
* 2 ore obbligatorie in tutte le facoltà fino al terzo anno.

3. La formazione dei docenti.

3.1. Formazione iniziale : l’IUFM
* Il primo grado (scuole materne ed elementari)
* Il secondo grado (scuole medie e superiori)

3.2. Formazione continua.
* I periodi di aggiornamento nel primo grado.
* I periodi di aggiornamento nel secondo grado.


L’organizzazione dell’insegnamento del corso
e la formazione dei docenti.


1. Qualche punto di riferimento storico ed istituzionale.

1.1. Il corso : una lingua romanza in Europa.

Per molto tempo il corso é stato studiato (soprattutto dagli italiani) per mettere in luce la sua latinità ma anche i suoi rapporti stretti con l’italiano, e dunque presentarlo come un dialetto italico per non dire italiano.
Oggi risulta come un’evidenza che il corso é lingua di origine latina (occupazione romana nel 259 a.c.), autonoma, in relazione genetica con tutte le altre lingue romanze. Se si dovessero cercare somiglianze linguistiche tra il corso ed altre lingue, ognuno si accorgerebbe che il corso presenta dei punti comuni con tutte le lingue neolatine e non soltanto con il toscano.
Le ricerche più recenti (anni 1970 in poi) compiute dagli studiosi corsi hanno dimostrato il carattere autonomo del corso, ristabilendo una verità scientifica che non si discute più. Per questo il corso é stato riconosciuto come lingua d’Europa e si fa posto nell’elenco delle lingue romanze.

1.2. La legge Deixonne del 1951.

La legge Deixonne, dal cognome del parlamentare che la fece votare dalla camera nel 1951, é quella che definisce le modalità dell’insegnamento delle lingue dette « regionali » di Francia. si aspetterà comunque il 1969 per un’applicazione concreta della legge con la circolare del 17 febbraio intitolata : « Enseignement des langues et cultures régionales dans les classes des 1er et second degré » (Insegnamento delle lingue e culture regionali nelle scuole elementari, medie e superiori).
La legge permette nelle scuole elementari, su richiesta del maestro, un’ora settimanale di attività dirette consacrata ad un’iniziazione alla lingua regionale. Nel quadro di alcune discipline si può anche studiare la cultura locale : storia, geografia, musica...
Questo insegnamento rimane sottomesso alla volontà del maestro di scuola come a quella del professore delle classi superiori. Alle superiori occorrono un minimo di dieci richieste per aprire un corso di 3 ore settimanali. L’insegnamento della lingua regionale sarà assicurato se c’é un insegnante volontario per tutelarlo.
Per quanto riguarda l’isola di Corsica, la lingua corsa sarà esclusa dalla legge fino al 1974 per il motivo che il corso non apparteneva al dominio linguistico francese ma... italiano (sarà così anche par l’alzaziano).

1.3. La legge Haby del 1975.

Con questa legge si supera una nuova tappa con l’articolo 12 : « l’enseignement des langues et cultures régionales peut être dispensé tout au long de la scolarité » (l’insegnamento può essere assicurato durante tutta la scolarità). Ma anche se il testo si preoccupa della sorte delle lingue e culture regionali componenti del patrimonio nazionale (assicurando per esempio dei corsi di aggiornamento agli insegnanti volontari, il contributo tecnico di organismi dipartimentali e regionali per la produzione di documenti pedagogici), non dimentica di precisare che : « Le respect absolu de notre unité nationale ne saurait être remis en cause par une opposition artificielle entre les cultures locales et la réalité nationale qu’incarne l’Etat » (Il rispetto assoluto della nostra unità nazionale non accetta di essere rimesso in causa da un’opposizione artificiale tra le culture locali e la realtà nazionale impersonata dallo Satato).
In tutti i casi l’insegnamento della lingua regionale rimane, a tutti i livelli, interamente facoltativo per gli alunni, gl’insegnanti e le famiglie.

1.4. La circolare Savary del 1982.

La circolare Savary del 21 giugno del 1982 intitolata « L’enseignement des cultures et langues régionales dans le service public de l’Education Nationale » é la concretizzazione formale delle promesse fatte da François Mitterrand durante la campagna elettorale dell’81.
Si tratta di un testo molto completo che vuole rispondere ad una rivendicazione linguistica forte considerata anche come legittima : orientamento generale, modalità precise per l’insegnamento a tutti i gradi della scolarità (dalle materne all’università), programmi e contenuti, consigli pedagogici, esami, formazione, ricerca, materiale padagogico, insegnamento a distanza, collaborazione con le associazioni, il ruolo delle collettività locali, coordinazione...
La circolare si presenta come un programma d’azione definito per tre anni. Sarebbe stata fatta in seguito una valutazione per orientamenti ulteriori.
Sono definiti tre principi generali :
- l’impegno dello Satato per l’organizzazione dell’insegnamento delle lingue e culture regionali.
- quest’insegnamento avrà un vero statuto nell’Educazione Nazionale : le lingue e culture regionali saranno insegnate dalla scuola materna all’università non come discipline marginali ma come materie specifiche.
- quest’insegnamento sarà poggiato sul volontariato degli alunni e degl’insegnanti, nel rispetto della coerenza del servizio pubblico.
Si capisce che quest’ultimo principio contribuisce a squalificare il corso mantenendolo marginalizzato anche se il discorso ufficiale pretende il contrario.

1.5. Le competenze regionali.

La legge del 13 maggio del 1991 istituisce la Corsica come collettività territoriale con uno statuto particolare. La Collettività Territoriale Corsa ha delle competenze che richiedono un impegno importante nella gestione dell’insegnamento della lingua corsa.
L’articolo 53 (capitolo primo « De l’éducation » contenuto nel titolo II dello statuto particolare « De l’identité culturelle de la Corse) specifica che « L’assemblée de Corse adopte un plan de développement de la langue et de la culture corses prévoyant notamment les modalités d’insertion de cet enseignement dans le temps scolaire. Ces modalités font l’objet d’une convention conclue entre la collectivité territoriale de Corse et l’Etat ».
Se la collettività territoriale Corsa non può intervenire nella gestione dei personali, può agire nel campo del materiale pedagogico : costruzione in tutti gli istituti scolastici delle scuole medie e superiori di « Ateliers L.C.C. » attrezzati con materiale moderno d’insegnamento, concorsi per la produzione di libri per l’insegnamento del corso ad ogni grado della scolarità, finanziamento d’un banco di dati in lingua corsa all’università di Corti, partecipazione finanziaria agli stages di aggiornamento, aiuto all’edizione di manuali pedagogici in lingua corsa.

2. Organizzazione dell’insegnamento.

2.1. Scuola materna ed elementare.

Nelle scuole del « primo grado » si può insegnare il corso nel limite di 3 ore settimanali. L’insegnamento rimane facoltativo per gli alunni ed i maestri. In queste condizioni non é garantito né l’insegnamento né la continuità pedagogica. Se il discorso ufficiale presenta l’obbligo per l’istituzione di rispondere ad ogni richiesta d’insegnamento, nessuna legge e nessun decreto d’applicazione esiste che andrebbe in quel senso.
Sul terreno si osserva che le cose si fanno con moltissime difficoltà perché la maggioranza dei maestri si dicono incompetenti.

Nel 1994 sono stati aperti due « siti d’immersione linguistica » in cui possono andare gli alunni per periodi che corrono da un giorno ad una settimana. In questi siti tutte le attività educative si fanno in lingua corsa sotto alla responsabilità di un docente di lingua corsa.

Alla rientrata del 1996, grazie al coraggio ed al militantismo di qualche maestro, sono stati aperti quattro « siti bilingui » ; tre altri si sono aggiunti alla rientrata del 1997. Oggi sono undici a funzionare nei due dipartimenti. La lingua corsa diventa, in quei siti, lingua d’insegnamento come il francese. Per adesso sono presentati come siti sperimentali che aspettano una valutazione prima di andare verso un’eventuale generalizzazione. Il problema viene dal fatto che sono pochissimi i maestri che si dicono capaci di assumere un’insegnamento bilingue, tanto più che nessuna valorizzazione (finanziaria o altra) incoraggisce gl’insegnanti a buttarsi in tale avventura.

2.2. Scuole medie e superiori.

Nel « secondo grado » l’insegnamento del corso rimane facoltativo. Questa formazione é assicurata dai docenti riclutati tramite un concorso (interno ed esterno) aperto fin dal 1990. Oggi sono un’ottantina a garantire la continuità dell’insegnamento della L.C.C.

La materia diventa obbligatoria per quelli che la scelgono in lingua seconda in classe di « quatrième » (terza media) o in lingua terza in classe di « seconde » (secondo anno delle superiori) con l’intenzione di presentare la lingua corsa all’esame di maturità (Baccalauréat).

Un altro tipo d’iniziativa ha fatto nascere pochi anni fa (1994) un cursus chiamato « classes méditerranéennes » sul modello delle « classi europee ». Il corso é utilizzato come lingua di comunicazione in diverse materie allo stesso livello del francese e di un’altra lingua romanza (italiano o spagnolo). In questo cursus il corso ed il latino sono obbligatorie vicino all’altra lingua romanza insegnata come lingua straniera n° 1 (l’inglese s’inserisce due anni dopo).
Per dare vita a questo tipo di cursus, che oggi esiste in quattro istituti dell’isola, i professori devono essere volontari quanto corsofoni e si devono impegnare in un corso di aggiornameto.

Nel 1996 é nato un altro cursus chiamato « parcours langues romanes » (percorso lingue romanze) sul modello dei « parcours différenciés en collège » (percorsi differenziati elle scuole medie). Il corso é obbligatorio col latino, vicino ad un’altra lingua romanza, ma diventa ogetto di studio e non strumento di comunicazione interdisciplinario. L’interdisciplinarità interessa soltanto i professori di lingua.

2.3. L’università.

All’università, il cursus chiamato « Studii corsi » permette una formazione completa nel campo della lingua ma anche della cultura corsa. É originale il carattere pluridisciplinare del cursus nel quale linguistica, sociolinguistica, letteratura, storia, preistoria, archeologia, etnologia, antropologia, etnomusicologia... sono spesso insegnate in lingua corsa.

Nelle altre facoltà il corso é obbligatorio fino al terzo anno nel limite di due ore settimanali. I corsi sono assicurati dai docenti dell’università e dagl’insegnanti del « secondo grado ».

3. La formazione dei docenti.

3.1. Formazione iniziale : l’IUFM.

L’Istituto Universitario di Formazione dei Maestri é l’organismo che prende in carica la formazione iniziale dei docenti delle elementari e delle scuole medie e superiori.

Per ciò che riguarda i professori delle scuole elementari, sono previste al piano di formazione 90 ore d’insegnamento della L.C.C. su due anni (20 primo anno ; 70 secondo anno). Il concorso di riclutamento si situa in mezzo ai due anni ; e le 70 ore del secondo anno interessano soltanto quelli che hanno superato il concorso. Si sa che il tempo consacrato al corso non é sufficente e che sono pochissimi i docenti delle scuole elementari usciti dalla formazione iniziale che insegnano un po’ la lingua corsa.
Per la rientrata del 1999 la proposta é stata fatta di aprire nel quadro dell’IUFM una formazione speciale per i maestri volontari che vorranno insegnare nei siti bilingui. Si aspetta la risposta del ministero che dovrà dare tutti i mezzi per realizzare questo progetto.

Per le medie e le superiori, gli studenti che si vogliono presentare al concorso sono preparati alle prove nel quadro del programma del concorso : dissertazione e traduzione per gli scritti ; commento letterario, commento di civilizzazione e prova pedagogica per gli orali.
Gli studenti che superano il concorso sono formati in pedagogia generale e didattica del corso durante il secondo anno, anno durante il quale insegnano per 6 ore settimanali sotto al controllo di un consigliere padagogico. Il resto della formazione disciplinaria viene fatta all’IUFM. Alla fine dell’anno di formazione ogni professore dilettante deve presentare un saggio in relazione con la sua disciplina davanti a una giuria composta da un ispettore pedagogico, un universitario e due formatori dell’IUFM.

3.2. Formazione continua.

La « formazione continua » (aggiornamento continuo) esiste per i professori delle scuole elementari ed i professori delle medie e superiori. Le modalità sono diverse.

Nel primo grado, gli insegnanti che chiedono una formazione sono scelti secondo i progetti di scuola che preconizzano l’insegnamento del corso (public choisi). Ma queste formazioni non sono assicurate in modo regolare perché entrano spesso in concorrenza con altre formazioni considerate più importanti.

Nel secondo grado, ogni docente ha il diritto di godersi 6 giorni di aggiornamento sul tempo di lavoro. Gli stages proposti in tutte le discipline appaiono sul Piano Accademico di Formazione (PAF) nel quale ogni docente sceglie la formazione che l’interessa. Ma nessuno ha obbligo e dovere di scegliere una formazione in relazione diretta con la propria disciplina.

Conclusione.

In quest’ultimo ventennio si sono sviluppate, senza dubbio, le condizioni istituzionali del corso. Infatti, vent’anni in dietro nessuno avrebbe mai pensato che ci sarebbero stati oggi più di 80 docenti (ne dobbiamo riclutare altri quest’anno), 15 consiglieri pedagogici nelle elementari, un ispettore specifico nel primo grado, un ispettore regionale pedagogico nel secondo, 11 siti bilingui, la possibilità di presentare il corso al « baccalauréat » ...
Tutte queste avanzate sono state ottenute sotto ad una pressione crescente (fin dagli anni 1970), caratterizzata, molto spesso, da una certa forma di violenza. Si capisce perché oggi le condizioni istituzionali del corso siano migliori delle altre lingue regionali di Francia. Per esempio, il concorso di riclutamento dei docenti é monovalente per il corso quando é bivalente per le altre lingue ; risultato : il professore di basco, occitano, brettone, alzaziano insegna più la seconda materia che la lingua regionale.
Nonostante la posizione relativamente privilegiata del corso a livello istituzionale (soprattutto visto dalle altre regioni di Francia), la disciplina rimane facoltativa con tutte le conseguenze negative sul campo del valore attribuito alla lingua, della motivazione, della pratica sociale del corso a cui si sostituisce quella quotidiana di un francese regionale.
La situazione diglossica riprodotta nel settore scolastico spiega perché sono pochi gli alunni che chiedono l’insegnamento del corso (tra il 10% e il 15%) e, se la situazione non evolve presto verso un bilinguismo ufficiale con obbligo di utilizzare il corso come lingua d’insegnamento, si può presumere che in un futuro non tanto lontano il corso sarà insegnato come il latino, ossia come una lingua morta che non avrà altro spazio di esistenza che quello ristretto di un’aula di scuola.
La politica linguistica della Francia é sempre stata quella che seguiva l’ogettivo della disparizione completa delle lingue (patois) differenti dal francese sul territorio nazionale. In effetti, non si é mai sentita una volontà politica forte in favore delle lingue regionali.
Oggi il governo francese dice volere firmare la Carta Europea delle Lingue Minoritarie (essendo uno degli ultimi paesi europei ad non averlo ancora fatto).
Si vedrà poi che tipo di lettura farà lo Stato francese di quel documento.